Checchetto Sfrangiballe – Cialtrone, pitocco e quant’altro…
La raffigurazione del medioevo nell’immaginario collettivo raramente si sofferma su personaggi che non siano le dame, i cavalieri e i grandi esponenti della nobiltà feudale che popolano romanzi e racconti, dai grandi classici come l’Ivanhoe di Walter Scott alle più moderne saghe fantasy. Eppure questi non rappresentano altro che una piccola, seppur influente, percentuale della popolazione europea nel periodo che va dal V al XV secolo. Essa è infatti composta in grandissima parte da gente umile, di modeste origini: artigiani, contadini e lavoratori salariati di vario genere.
Checchetto Sfrangiballe, pitocco medievale vagamente assimilabile al servus callidus della commedia classica, vagabonda tra i gradini più bassi della società dell’Italia comunale, vivendo alla giornata e sfruttando ogni buona occasione per procacciarsi il pane quotidiano. È finito così al servizio del magistro d’armi Leonzio Spadamozza, che gli ha promesso di renderlo un grande schermitore. Il mancato mantenimento della promessa ha fatto sì che il povero Checchetto continui tuttora a vagare tra banchi di taverna e tavoli da gioco, preda di alterne fortune, rimanendo comunque servo del magistro d’armi.